Solennità di San Gennaro, l’omelia del Cardinale Sepe

 Solennità di San Gennaro, l’omelia del Cardinale Sepe

“Cari Fratelli e Sorelle, Eccellentissimi Confratelli Vescovi e cari Sacerdoti, Illustri Autorità, Gentili Ospiti, Amici Giornalisti e Operatori del mondo dell’Informazione, Vi ringrazio per il Vostro prezioso lavoro che permette, come in questa particolare circostanza, di diffondere, non solo a Napoli ma anche in Italia e nel mondo il culto a San Gennaro. In particolare, un sentito ringraziamento rivolgo all’emittente televisiva Canale 21 e al server Maria tv di Mondovì-Cuneo, che come già lo scorso anno, in sinergia offrono generosamente la diretta streaming attraverso la quale questa celebrazione in onore del Santo Martire arriva in tempo reale in tutti i paesi del mondo. Canale 21 e Tv Luna, trasmettono in diretta tv: un grazie sentito a loro e a tutte le Testate Giornalistiche e ai Free Lance che si sono premurati di accreditarsi.
Fra tutti, mi piace segnalare la presenza
della trasmissione La vita in diretta della Rai
della trasmissione Voyager della Rai
del periodico Vice Media di Brooklin
del settimanale Der Spiegel della Germania
della nostra emittente Tv2000 della Cei

Un fraterno saluto rivolgo alla delegazione di sacerdoti ortodossi provenienti dalla sede metropolita di Kuzbass, in Russia ( saluto in russo, all.).

Anno dopo anno, la solennità di San Gennaro va segnando il nostro cammino, accompagna i passi di tutti noi e, in qualche modo, si pone come tempo di verifica delle attese e delle speranze dell’intera nostra comunità. Sappiamo bene che l’odierna pagina di calendario non va sfogliata come un giorno qualsiasi. Non lo é, né può mai esserlo, perché San Gennaro é Napoli e, allo stesso modo, Napoli é San Gennaro.
La città, in questo giorno così speciale, si ritrova più che mai di fronte a se stessa e la Cattedrale, in cui stiamo celebrando l’Eucarestia, é oggi come la casa aperta, il luogo privilegiato di incontro di una comunità, convocata intorno al santo Martire, per dare un senso alla festa, riflettendo insieme sull’attualità’ del messaggio e sul forte legame con il Patrono, nonché sui modi per renderlo sempre più vivo e operante nella vita di tutti i giorni.
Ed è proprio in questo giorno di festa, in cui tutti, e non solo a Napoli, testimoniamo la nostra profonda devozione al Martire Gennaro, che ha offerto il suo sangue per Cristo, vogliamo gridare con forza: basta sangue per le nostre strade e in tante case; basta violenza; basta dolore e lutto; basta morti di innocenti; basta naufragi e cadaveri di quanti cercano, coraggiosamente ma troppo spesso tragicamente, libertà, pane e futuro.
Ci stiamo abituando tristemente, purtroppo, alle immagini dei telegiornali, alle foto e agli articoli dei giornali, alle centinaia di persone che muoiono ogni giorno nelle traversate verso la vita.
Purtroppo, dobbiamo costatare che stanno prendendo corpo l’indifferenza e il cinismo di tanti. Ma noi non possiamo restare inerti. Abbiamo il dovere di assumerci le nostre responsabilità, di combattere le scellerate speculazioni degli scafisti, ma dobbiamo anche saper aprire le nostre braccia e i nostri cuori. Sono nostri fratelli, sono persone che appartengono alla nostra stessa famiglia umana. Vorremmo dire con San Giovanni Paolo II: Apriamo le porte a Cristo, che si manifesta nel migrante, nel naufrago, nel forestiero che bussa alle nostre porte.
Non c’è civiltà se non c’è umanità vissuta. Ma Napoli, la Campania e il Sud per storia, tradizione e vocazione sanno accogliere e lo stanno dimostrando a dispetto della insensibilità di tante aree dell’Europa.
Anche noi, come Chiesa, facendo nostre le ammonizioni e le sollecitazioni di Papa Francesco, non lesiniamo sforzi e impegno a favore dei nostri fratelli in arrivo e, proprio in questi giorni, tutti noi, Vescovi della Campania, ci siamo riuniti per fare un inventario delle nostre possibilità materiali da mettere a disposizione, con la collaborazione delle autorità competenti, in favore dei tanti immigrati assegnati alla nostra regione. Lo facciamo nel segno della carità di Cristo; lo vogliamo confermare oggi in onore del Patrono di Napoli e della Campania.
San Gennaro, come attesta la sua straordinaria popolarità, vive intensamente i giorni e la realtà della “sua” Napoli, nel senso che niente della città é a Lui estraneo. E’ un santo di casa, insomma. Ma, vorrei aggiungere, un santo di strada, cioé un santo in uscita di una chiesa in uscita.
Ecco: sento davvero che é questa la dimensione giusta per delineare il rapporto sempre più fecondo e profondo del Santo patrono con l’oggi della sua chiesa e della sua città. A una chiesa in uscita sarà più agevole riconoscere i doni di santità del suo patrono e specchiarsi in essi, ricevere nuova linfa e assimilare più a fondo i suoi carismi. Anche un santo non si conosce una volta per sempre. E forse oggi alla Chiesa e a San Gennaro é chiesto, in nome di Napoli, di andare ancora più a fondo, di sintonizzare non solo l’anima ma anche i passi del nostro cammino.

In realtà si tratta di un cammino da continuare, con una traccia già segnata.
A Napoli non si parte mai da zero. Abbiamo troppe ricchezze alle spalle, e l’ultima, ancora presente negli occhi e nel cuore di tutti, ci viene dalla visita di Papa Francesco. Niente é stato più come prima di quel giorno, ma non solo per la gioia dell’incontro. Il Papa ci ha dato un coraggio nuovo. Ha reso più forti le ragioni della nostra speranza poiché Napoli, oltre che nel suo cuore, è entrata in qualche modo nel suo magistero. E noi stiamo proseguendo su questa strada.
Intanto, é prossima l’apertura, l’otto dicembre, del Giubileo straordinario dedicato alla misericordia. L’annuncio dato da Papa Francesco ha riempito di gioia soprattutto la nostra Diocesi che ha vissuto, intensamente, l’esperienza dello speciale Giubileo per Napoli del 2011 e ha posto da tempo l’attenzione sulla misericordia, diventata la cifra distintiva del programma pastorale. Una misericordia concreta, ho sottolineato nella Lettera Pastorale “Dar da bere agli assetati”, realizzata attraverso le ‹sette opere›,che si ritrovano, come istanze etiche e sociali, nella bolla di indizione ‹Misericordiae vultus› di Papa Francesco.
Napoli, sull’esempio di San Gennaro, é terra di misericordia, che arriva abbondante proprio là dove c’é più bisogno; e di misericordia si avverte tanto il bisogno, come l’acqua nel deserto.
Si comprende, quindi, la ragione della mia ultima Lettera Pastorale ‹Dar da bere agli assetati›, che é l’ulteriore tappa del nostro cammino pastorale, di cui é stato icona, sin dal Giubileo del 2011, il famoso dipinto delle ‹sette opere di misericordia› del Caravaggio.
Di fronte a una città sempre alla ricerca di dignità e di giustizia, non può che venire in mente l’immagine dell’ospedale da campo che il Santo Padre ha magistralmente evocato parlando della Chiesa.
Misericordia, per Francesco, é prima di tutto curare le ferite, assicurare quel pronto intervento che consentirà poi, una volta salvata la vita, di mettere mano alla terapia.
In questa scelta c’é il timbro di un’urgenza che la chiesa si trova oggi a segnalare al mondo, sempre più stordito e sconvolto non solo dai suoi drammi, ma dal peso squilibrato e inumano che essi finiscono per avere nell’impatto con una realtà del tutto incredula e impreparata.
Non é dissimile la condizione della Napoli d’oggi, dove la metafora della sete d’acqua introduce l’immagine estrema del deserto, di un luogo cioè seducente ma insidioso e sofferente, a causa della mancanza di tante cose e innanzitutto, del lavoro, di legalità, di spazi di vita non contaminati, di accessi ai più elementari diritti e ai più normali servizi sociali.
«La città diventa così come un deserto – ho scritto nella Lettera pastorale. Una distesa arida e desolata, un territorio indifeso. Mediante un processo di progressivo impoverimento, spariscono le attività produttive, si inquina il territorio, si dissolvono quasi le testimonianze della civiltà per fare spazio al vuoto umano e sociale, alla criminalità».
A Napoli è tuttora presente la più crudele di tutte le seti, ossia la sete del necessario, che é sete di conoscenza e di senso, ma anche mancanza di quell’acqua indispensabile per bagnare i campi vitali che una città dovrebbe offrire ai suoi abitanti.
Ed è così che la sete del necessario porta taluni a cercare fonti avvelenate, come la violenza e la turpe offerta di un reddito facile, con la conseguente caduta dei valori, per cui la vita diventa arida e priva di senso.
Malati desiderosi di umanità, bambini abbandonati, vecchi lasciati soli. Non sono pochi i casi e tutto deriva, a ben vedere, dalle fonti inaridite di verità e di giustizia. La sete del necessario è una sete maligna che arriva a contrabbandare per «normali» alcuni comportamenti diffusi e deprecabili, come quello dell’indifferenza, dell’egoismo e della intolleranza o come quello che porta ad affidarsi al potente di turno e al padrino di quartiere, mettendo nelle loro mani sporche perfino i propri legittimi diritti.
Ma questa è una strada buia, dolorosa e senza orizzonti, che finisce con la morte nel cuore e una tragica fine per chi decide di imboccarla. Contro questo pericolo sempre presente ci adopereremo con tutte le forze per costruire l’uomo nuovo e una società migliore, stando soprattutto dalla parte dei giovani e del loro futuro.
La delinquenza e la violenza non prevarranno. Le molte seti non fanno di Napoli un deserto. Occorre proclamarlo con forza nel giorno di San Gennaro e alla vigilia del Giubileo della Misericordia.
Tuttavia, bisogna essere vigilanti e operosi perché Napoli faccia onore alla sua storia e sia sempre più bella e accogliente. Rispetto a tale impegno, la Chiesa di Napoli vuole essere sempre più, secondo la bella immagine di San Giovanni XXIII, la «vecchia fontana del villaggio», presso la quale tutti possono abbeverarsi, sapendo di poter contare sulla sorgente inesauribile del Cristo che toglie la sete e dà la vita. Sia questa la fonte di ogni speranza per quanti amano San Gennaro e Napoli, per tutti gli uomini di buona volontà.
Maria Santissima, Madre della Misericordia, ci protegga e Dio, per intercessione di S. Gennaro, Vi benedica.
‘A Maronna c’accumpagna”

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