Suicidio Giusti, Capece (SAPPE): “richiamo alla responsabilità sociale”

 Suicidio Giusti, Capece (SAPPE): “richiamo alla responsabilità sociale”

Si è tolto la vita mentre si trovava agli arresti domiciliari, dopo essere stato coinvolto in due inchieste delle Dda di Milano e Catanzaro su suoi presunti rapporti con esponenti della ‘ndrangheta. Protagonista, nella sua abitazione di Montepaone nel Catanzarese dove viveva da alcuni mesi, l’ex gip del Tribunale di Palmi, Giancarlo Giusti, 48 anni. “Una notizia drammatica, ma sintomatica del fatto che le tensioni e le criticità nel sistema dell’esecuzione della pena in Italia sono costanti. E che a poco serve un calo parziale dei detenuti, da un anno all’altro, se non si promuovono riforme davvero strutturali nel sistema penitenziario e dell’esecuzione della pena nazionale”. Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, commentando il suicidio dell’ex giudice del Tribunale di Palmi. “La Polizia Penitenziaria sventò un suo tentativo di suicidio anche quand’era detenuto nel carcere di Milano Opera”, prosegue. E, citando un recente pronunciamento del Comitato di Bioetica sul suicidio in carcere, il leader del SAPPE rileva: “Anche se l’atto di togliersi la vita contiene una irriducibile componente di responsabilità individuale, la responsabilità collettiva è chiamata in causa per rimuovere tutte quelle situazioni legate alla detenzione che, al di là del disagio insopprimibile della perdita della libertà, possano favorire o far precipitare la decisione di togliersi la vita. Il richiamo alla responsabilità sociale è rafforzato dalla considerazione della particolare vulnerabilità bio-psico-sociale della popolazione carceraria rispetto a quella generale (i detenuti sono più giovani, più affetti da malattie, più poveri, meno integrati socialmente e culturalmente). Ne deriva il preciso dovere morale a “garantire un ambiente carcerario che rispetti le persone e lasci aperta una prospettiva di speranza e un orizzonte di sviluppo della soggettività in un percorso di reintegrazione sociale”; ma prima ancora a riconsiderare criticamente le politiche penali che siano di per sé causa di sovraffollamento, poiché così facendo si pongono direttamente in contrasto col principio di umanità delle pene”.

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