Csm e Corte Costituzionale Quel pressing del capo dello Stato

 Csm e Corte Costituzionale Quel pressing del capo dello Stato

Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ci avrà riflettuto su non poco prima di prendere carta e penna e scrivere ai presidenti di Camera e Senato. Il problema da risolvere al più presto riguarda l’elezione da parte del Parlamento dei componenti mancanti della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura. Camera e Senato, ma forse è meglio dire le segreterie dei partiti, se la pigliano comoda nell’individuare i soggetti che siederanno su quegli scranni. Ed allora il presidente, messa da parte la moral suasion, che probabilmente discretamente aveva già esercitato sulle formazioni politiche, ha deciso di formalizzare il suo pensiero. La lettera l’avrebbe ben volentieri evitata perché non gli fa piacere di continuare a passare come il direttore d’orchestra che in ogni situazione alza la bacchetta per dirigere. Le critiche di dirigismo antidemocratico provenienti da certi ambiti politici e del giornalismo lo perseguitano da tempo. Ma la precarietà operativa di due organi costituzionali come la Suprema Corte e il Consiglio Superiore della Magistratura non lo potevano far rimanere indifferente. Dal 28 di giugno mancano due giudici della Corte costituzionale e dal 31 di luglio il Csm è in prorogatio in quanto non sono stati ancora eletti gli otto “membri laici” che devono essere votati dal Parlamento. Tra questi sarà individuato il vice presidente che di fatto gestirà il Consiglio al posto del presidente della Repubblica. Gli scrutini andati a vuoto per i giudici della Corte costituzionale sono sei, quelli per il Csm tre. Il dieci di settembre c’è la replica delle votazioni e, forse, annusando il possibile “nulla di fatto”, Napolitano rende pubblico il suo pensiero. Insomma, un modo per dire “sbrigatevi” che non si può più aspettare.

“E’ indispensabile – afferma il capo dello Stato – che le forze politiche rappresentate in Parlamento, benché pressate da numerosi impegni, dedichino nel corso di questa settimana l’attenzione necessaria per compiere le loro scelte e garantire l’esito positivo delle prossime votazioni”.

La verità è che, al di là degli impegni delle forze politiche per le iniziative del governo Renzi e per la situazione difficilissima in cui si trova il Paese, le logiche spartitorie tra la Prima e la Seconda Repubblica sono rimaste identiche. “Tu mi dai una cosa a me…”, nell’ottica del peso politico che in quel momento le forze che contrattano hanno. Ad una forza di governo sia pur piccolina, che ti sostiene tutto l’ambaradan maggioritario a Palazzo Chigi, come rifiutare un posto al Csm o alla Corte costituzionale? Si dirà che non parliamo di gente qualsiasi, ma di soggetti dall’alto profilo professionale, dai curriculum dove in fatto d’esperienze, studi e via dicendo non manca proprio niente. Non sempre è così. Non sempre i migliori vanno a ricoprire certe cariche vitali per la democrazia del Paese. A volte il compromesso premia gli ammanigliati e punisce quelli che non si sono cercati il santo in paradiso. Ci vorrebbe un modo per scompaginare le vecchie logiche di “potere” che stanno dietro alle nomine, non solo per il Csm o per la Corte costituzionale, ma a tutte quelle designazioni che spettano alla politica, e non solo. Il modo lineare per cambiare tutto sarebbe il sorteggio. Le forze politiche stilerebbero una lista di candidati che hanno i requisiti per “concorrere” a quel determinato incarico. Sarà poi il caso, il sorteggio appunto, a scegliere. Si eviterebbero i “magheggi” – leggi contrattazioni a tutto campo e cambi di casacca repentini – per conquistare il “posto al sole”. Il sistema, ad esempio, potrebbe essere utilizzato anche per la designazione dei posti dirigenziali nella magistratura. Le varie correnti, meglio la Commissione preposta agli incarichi direttivi del CSM sceglierebbe i candidati da mettere in lista, tutti degni di ricoprire quell’incarico, il sorteggio “democraticamente” deciderà alla fine il vincitore. Una vera riforma “istituzionale” a costo zero, che potrebbe rompere quel “familismo amorale” della politica, e non solo, che tanto pesa sulla credibilità-competitività del nostro Paese. Utilizzando la pratica del sorteggio non c’inventeremmo niente di nuovo. Già veniva usato il sorteggio nell’antica Grecia i cui amministratori, e molte altre posizioni ai vari livelli di governo e con diverse funzioni, venivano estratti a sorte. Anche nella repubblica di Venezia si utilizzava l’uso del sorteggio che, pare, abbia contraddistinto la sua lunga e stabile vita. Insomma, il sistema rivoluzionario ci sarebbe per cominciare a far girare veramente pagina al Paese.

di Elia Fiorillo

Mario Orlando

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