Donne infertili, una su cinque per diventare mamma deve ricorrere all’ovodonazione

 Donne infertili, una su cinque per diventare mamma deve ricorrere all’ovodonazione

«È ormai evidente come siano molte e differenti le cause che possono provocare problemi di infertilità in una donna. L’infertilità femminile è un capitolo estremamente vasto che oggigiorno può trovare soluzioni molto differenti. L’ovodonazione è il passaggio ultimo, ma non così raro, cui rivolgersi per avere un figlio. Stimiamo infatti che, tra quante pazienti hanno problemi di infertilità, almeno una su cinque per coronare il sogno di diventare madre abbia la necessità di fare ricorso all’ovodonazione, ovvero debba ricorrere ad ovuli donati da un’altra donna e fecondati con il seme del proprio partner», spiega Cesare Taccani specialista in Medicina della riproduzione del centro ProCrea.

Non è però un passaggio semplice e automatico: «Il programma di ovodonazione deve essere avviato solamente dopo aver effettuato approfonditi esami e aver diagnosticato evidenti problemi irrisolvibili in altro modo. Si indica l’ovodonazione in situazioni di esaurimento della funzione ovarica, di menopausa precoce fisiologica oppure di menopausa chirurgica ovvero indotta dall’asportazione parziale o totale delle ovaie per gravi patologie», afferma Taccani. «Anche nei casi di fallimenti ripetuti con le tecniche di procreazione assistita e nelle donne affette da endometriosi avanzata è bene iniziare a pensare al ricorso ad una donatrice». Non certo ultimo, «nei casi in cui la donna sia affetta da malattie genetiche trasmissibili alla prole, è bene che si faccia un riflessione sull’opportunità o meno di affrontare un percorso con l’ovodonazione per evitare il rischio che i figli possano essere affetti della stessa malattia». In quest’ottica, aggiunge lo specialista di ProCrea, «occorre tenere presente che in età avanzata, ovvero oltre i 40 anni, aumentano le possibilità di alterazioni cromosomiche negli embrioni: questo può dare origine non solamente a problemi nel portare a termine la gravidanza, ma anche a generare figli con gravi malattie».

La scelta della donatrice è un passaggio delicato. «Le donatrici vengono selezionate in modo accurato e sottoposte ad esami specifici: si tiene in considerazione l’età – in media hanno intorno ai 25 anni -, l’anamnesi familiare per verificare la presenza di sindromi ereditarie e la presenza di malattie infettive e genetiche», aggiunge. Al medico spetta il compito di individuare la donatrice specifica per il singolo caso. «Reputiamo importante che tra donatrice e futura mamma ci sia una corrispondenza fisica e ci sia anche un riscontro sotto il profilo del gruppo sanguigno».

Una volta individuata la donatrice, prelevati gli ovuli, si procede con la fecondazione con il seme del partner e al trasferimento degli embrioni ottenuti nell’utero della paziente. Conclude Taccani: «I tassi di successo sono più elevati rispetto alle fecondazioni omologhe, vista soprattutto la giovane età delle donatrici. L’anonimato è garantito sia per la donatrice sia per la mamma».

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