Giornalisti, Punto e a Capo

 Giornalisti, Punto e a Capo

“Contrattazione sempre più al ribasso, precariato, prepensionamenti coatti, pensioni sotto tiro, continui ricatti occupazionali, risarcitori e malavitosi”

di Elia Fiorillo

Dalla macchina da scrivere alla vecchia linotype, al computer. E tra queste figurazioni che individuano l’evoluzione della stampa c’è un uomo bendato, con le mani dietro la schiena e con la faccia persa, rivolta verso l’alto. Quella figura umana, tra tanta tecnologia vecchia e nuova, pone degli interrogativi.

Mi trovo all’Ordine nazionale dei giornalisti, nella sala delle riunioni. Il ritratto del personaggio bendato lo si nota nel grande quadro posto dietro il tavolo dei relatori. Dopo aver ascoltato gli interventi fatti al convegno promosso dai giornalisti aderenti a Puntoeacapo capisco – meglio m’immagino – chi è quella creatura, al di là della volontà del pittore che l’ha disegnata. L’uomo è un giornalista che prova a fare il suo difficile mestiere senza sapere chi l’osteggerà all’uscita del suo “pezzo”. Un soggetto impotente, bendato e con le mani legate, in balia di possibili assalti da più fronti. Ci può essere il fuoco amico: il proprio editore o qualcuno a lui vicino. O il fuoco nemico: le querele intimidatorie sul piano legale, ma anche la violenza brutale delle minacce fisiche e non solo. Insomma, per dirla con i colleghi di Puntoeacapo, il giornalista è sempre più sotto la scure della “contrattazione al ribasso, del precariato, dei prepensionamenti coatti, delle pensioni sotto tiro, dei ricatti occupazionali” e via dicendo. E’ per mettere un punto ed andare – per lo meno provarci – a capo, che l’ex componente della Federazione nazionale della stampa, che non si ritrova negli accordi con gli editori sottoscritti dal sindacato “unico e unitario” dei giornalisti italiani, ha deciso autonomamente di provare a cambiare.

Carlo Chianura, portavoce di Puntoeacapo, parla di “precarizzazione” della professione e di conseguente “pane sporco” che puoi compranti con i miseri denari con cui vengono pagati gli articoli: meno di cinquemila euro l’anno, più o meno cinque euro a “pezzo”. Nell’immaginifico linguaggio degli editori – e non solo purtroppo – queste cifre vengono definite “equo compenso”. Ci vuole proprio una faccia tosta per tirare in campo l’equità. Per tutelare i colleghi Chianura elenca una serie di “servizi” di assistenza disponibili a partire dalla consulenza legale gratuita.

Nel mirino dei poteri criminali da sempre c’è stata l’informazione. L’on. Claudio Fava, vice presidente della commissione antimafia, ricorda l’evoluzione delle mafie nel nostro paese e come certi stereotipi, che vedono le compagini malavitose-mafiose collocate al Sud, siano fuorvianti. Perché i camorristi, o gli ‘ndranghetisti, o i mafiosi sono alla perenne ricerca, tra l’altro, dei flussi di spesa pubblica su cui “lavorare”. Ma anche alla ricerca della costruzione del “mito” personale e di gruppo, accompagnato dal “silenzio tombale” sulle loro gesta. E il giornalista, quello che fa il proprio mestiere senza condizionamenti o paure, è uno che racconta come quei miti siano falsi e come bisogna squarciare il silenzio per vincere su quei mondi. Come hanno fatto: Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Carlo Casalegno, Peppino Impastato, Mario Francese, Walter Tobagi, Pippo Fava, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno, Beppe Alfano, uccisi perché semplicemente volevano fare il loro mestiere di cronisti.

Si accalora Enzo Iacopino, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, quando ricorda la precarietà di tanti “colleghi” trattati da schiavi e retribuiti in modo ridicolo, anzi tragico perché la battaglia sacrosanta dell’equo compenso, sostenuta dall’Ordine dei giornalisti, si è trasformata in una beffa: pochi miseri euro ad articolo. Senza contare il rischio, per chi scrive, di avere querele con la richiesta di risarcimenti impossibili, o intimidazioni peggiori. La parola “trasparenza” nel nostro paese, insieme a “democrazia”, è tra le più abusate. Quando poi c’è veramente la necessità di alzare i coperchi dalle pentole, proprio i più ciarlieri sostenitori della limpidezza, della chiarezza, e via dicendo si ammutoliscono. Anche i parlamentari girano le spalle. E’ il caso, ricorda Iacopino, dell’albo degli editori, strumento importante da istituire per capire i veri interessi che ci sono in gioco. Insomma, bisogna evitare che il diritto all’informazione, sancito dall’articolo 21 della Costituzione, si trasformi nel “diritto”, per l’editore, di fare pubblicità ai suoi affari, colpendo – a mezzo stampa – gl’interessi contrapposti ai suoi.

Quel giovane bendato, con le mani dietro la schiena, non può più rimanere così. E’ voler tarpare le ali alla democrazia, quella praticata ogni giorno per dare ai cittadini il diritto ad essere informati.

Mario Orlando

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