L’Ensemble Daedalus e Marco Beasley rileggono la ‘moresca napoletana’

 L’Ensemble Daedalus e Marco Beasley rileggono la ‘moresca napoletana’

Portret Marco Beasley, zanger ( Italiaans – Brits )

Concerto per il convegno di studi “Nápoles y la cultura teatral hispánica” dal 3 al 5 dicembre. Concerto Venerdì 4 dicembre 2015 ore 20.30 presso la Chiesa di Santa Caterina da Siena, Napoli. Un incontro di grandi interpreti internazionali della musica antica: il tenore napoletano Marco Beasley, le straordinarie voci di Monika Mauch, Josep Benet, Josep Cabrè, e l’Ensemble Daedalus diretto da Roberto Festa saranno ospiti della Stagione 2015-16 della Fondazione Pietà de’ Turchini per un concerto dedicato alla moresca.

L’appuntamento è realizzato in concomitanza del Convegno Internazionale di Studi “Nápoles y la cultura teatral hispánica”, dal 3 al 5 dicembre 2015, promosso dalla cattedra di Storia del Teatro e Drammaturgia dell’età moderna della Seconda Università di Napoli, dal “Grupo de Investigación sobre el Siglo de Oro” dell’Universidad de Navarra, dalla Fondazione Pietà de’ Turchini, dall’Ambasciata Spagnola in Italia, dall’Istituto Cervantes di Napoli e da Gallerie di Palazzo Zevallos Stigliano.

Il concerto, dal titolo “A la moresca”, si terrà venerdì 4 dicembre 2015 alle ore 20.30 nella Chiesa di Santa Caterina da Siena (via Santa Caterina da Siena – Napoli); costo del biglietto: 10 euro. Introdotta a Napoli dagli spagnoli, persa l’antica connotazione guerriera, la moresca si traveste da villanella facendole dono di nuovi personaggi da cantare. La sua già vasta iconografia si arricchisce di turchi, mori, saracine. Li ritroviamo nella pittura, nelle canzoni, nei presepi. Portano profumo di Oriente e di mistero e l’eco di quelle terre lontane che i grandi viaggiatori del ‘500 percorrono a bocca aperta. È un nuovo filone estetico che si delinea. La musica scopre l’esotismo e lo porta in scena. Molti di questi elementi Napoli li ha già cantati nelle sue villanelle, ma con la moresca diviene possibile trasferirli dalla poesia al teatro dando concretamente vita al pittoresco mondo che descrivono. È un passaggio significativo che permette di inscrivere la moresca nell’ambizioso progetto umanistico di assegnare alle muse un tetto comune, di veder risorgere il loro magico concerto dalle ceneri del passato e che condurrà gradualmente all’inventione del teatro in musica.

E’ spagnolo il primo documento che testimonia l’esecuzione di una moresca: siamo a Lerida nel 1156. La moresca, probabilmente introdotta dagli spagnoli, trova a Napoli una terra feconda dove attecchire. La moresca napoletana è vocale, la canta un trio in genere formato da due soprani e un tenore o da due tenori e un baritono. Gli esempi napoletani sono i piu’ antichi di questo nuovo genere della vocalità italiana riconducibile piu’ alla pantomina e al teatro che non alla danza. Molte di loro conosceranno nuove versioni e nuovi arrangiamenti come la celebre “Chi chi li chi”, pubblicata prima a Napoli per il classico trio vocale partenopeo, e riorganizzata, in seguito, da Roland de Lassus ed Andrea Gabrieli a sei voci. Pur mancando pubblicazioni interamente dedicate alla moresca, si diffuse il vezzo di porne un paio a conclusione di ogni antologia di villanelle stampata. Il repertorio che queste raccolte presentano non ricorda piu’ la danza guerriera dell’origine. La moresca napoletana non ha alcun elemento della danza. Il suo nuovo costume è quello della villanella da cui prende a prestito l’effettivo a tre voci, i movimenti di quinte parallele, l’instrumentarium e il pittoresco universo poetico. Alla Villanella, però, fa dono di cue nuovi personaggi da cantare ed inserire nella sua già vasta iconografia: il saracino /turcho e la mora/turcha/pagana. Se il primo rappresenta l’icona del guerriero infedele, la seconda incarna una seduzione ancora più insodiosa di quella della villanella.Sebbene siano entrambe riconducibili ad una rappresentazione della vita semplice, pura e intatta del mondo contadino, la motra/turcha dispone di un’arma letale: il mistero che l’avvolge come un velo esotico e sensuale. E’ la fascinazione di un altrove, di un aldilà che prende vita con la mora. La sua provenienza geografica finisce per non avere alcuna importanza e, certe volte, mota diviene un aggettivo adattabile all’araba come alla spagnola. Nei testi delle moresche napoletane ricorrono liolele (falilalilà, dindirindinecc), onomatopee (lirunlirun ad imitazione del suono di viole da gambe e lire), imitazioni di lingue ed accenti stranieri (Matona mia cara per Madonna mia cara), grida di mercanti e venditori; prendono la parola anche cani, gatti, asini, cuculi, cornacchie per formare esilaranti contrappunti bestiali. Non mancano alcuni tipici personaggi della commedia dell’arte come il Mattaccino e la Gatta. Tutti questi elementi Napoli li ha già cantati nelle sue villanelle, ma con la moresca diviene possibile trasferirli dalla poesia al teatro dando concretamente vita al pittoresco mondo che descrivono. E’ un passaggio significativo che ci permette di inscrivere la moresca nell’ambizioso progetto umanistico di assegnare alle use un tetto comune, di veder risorgere il loro magico concerto dalle ceneri del passato e che ci condurrà gradualmente all’inventione del teatro in musica.

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Fondazione Pietà de’ Turchini
Stagione 2015-16

Venerdì 4 dicembre 2015
ore 20.30
Chiesa di Santa Caterina da Siena (via Santa Caterina da Siena, Napoli)

Monika Mauch, soprano
Marco Beasley, tenore
Josep Benet, tenore
Josep Cabré, baritono
ENSEMBLE DAEDALUS
Roberto Festa: direttore

Prologo
Moresca IV deta la Bergamasca, Giulio Cesare Barbetta
– Intavolatura de liuto, 1585.
Gli amanti morescano, Adriano Banchieri
– Festino nella sera del giovedì grasso. R. Amadino, 1608.

Scena 1. “La morenica”
Yo me soy la morenica, anonimo
– Cancionero di Upsala
In Toledo una donzella, anonimo
– Villotte alla Napoletana a tre voci. G. Scotto, 1566.

Scena 2. “O primm’ annammurat’ ovver l’ingenuo”
E vorria sapere, anonimo
– Villotte alla Napoletana a tre voci, G. Scotto 1566
‘St’ amaro core mio è diventato, Giovanni Domenico del Giovane da Nola
– Canzone napolitane nuovamente composte da Don Gio: di Nola, F. Rampazzetto 1563
Vorria ca fosse ciaola, anonimo
– Il terzo libro delle villotte alla napolitana a tre, 1567 Gardanus

Scena 3. “Intermedio turchesco”
Moresca III deta il Mattaccino, Giulio CesareBarbetta
– Intavolatura de liuto, 1585.
Li saracin’ adorano lo sole, anonimo
– fonte: Il primo libro delle villanelle a 3, A. el Re e R.Ballard 1545

Scena 4. “L’amante tradito ovvero fiele d’amore”
Si te credisse, anonimo
– Canzon napolitane a tre, G. Scotto 1566
O Lucia miau, miau, Roland de Lassus
– Le quatoirsiesme livre a quatre parties…par Rolando di Lasso, 1545
Deh! La morte de mariteto, Perissone Cambio
– Canzone villanesche di Messer Adriano Wigliaret, A. Gardane 1545
Tu sai che la cornacchia, anonimo
– Canzone villanesche alla napolitana, J. de Colonia 1537

Scena 5. “Triompho d’Amore”
Mi fai morire, anonimo
– Villotte alla Napoletana a tre voci, G. Scotto 1566
O vezzosetta, Andrea Falconieri
– Libro terzo di villanelle, Gio. Battista Robletti 1616

‘Sto core mio se fosse di diamante, Orlando di Lasso
– Le quatoirsiesme livre a quatre parties…par Rolando di Lasso, T. Susato 1545

Epilogo. “Consiglio di non innanorarsi”
Si li femmene, anonimo
– Canzon napolitane a tre, G. Scotto 1566
Moresca IV deta la Bergamasca, Giulio Cesare Barbetta
– Intavolatura de liuto, 1585.

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