Terrorismo, Maria Giulia ‘Fatima’ Sergio: arriva la richiesta di rinvio a giudizio

 Terrorismo, Maria Giulia ‘Fatima’ Sergio: arriva la richiesta di rinvio a giudizio

epa03421667 Female Palestinian Islamic Jihad militants take part in a rally to mark the 25th anniversary of the movement’s foundation in Gaza City, on 04 October 2012. EPA/MOHAMMED SABER

Alla fine è stato chiesto dalla Procura della Repubblica di Milano il processo per Maria Giulia ‘Fatima’ Sergio, il padre Sergio, la sorella Marianna e altri 8, accusati a vario titolo di associazione per delinquere con finalità di terrorismo, e favoreggiamento. Per i pm gli 11 avrebbero aderito all’Isis e Fatima, latitante, è in Siria con il marito jihadista.

La richiesta di rinvio a giudizio è firmata dal Procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Paola Pirotta, titolari delle indagini che lo scorso luglio avevano portato a emettere ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di nove presunti jihadisti (5 dei quali latitanti), tra cui appunto il padre, la madre (morta lo scorso 6 ottobre) di ‘Fatima’ e sua sorella Marianna. Maria Giulia Sergio, la prima foreign fighter italiana al centro di un’inchiesta, secondo la ricostruzione dei pm, si è addestrata per mesi per combattere a fianco delle milizie del sedicente Stato Islamico in Siria (era pronta al «martirio» e stava «imparando a sparare» con il kalashnikov) dove si trova tuttora con il marito, albanese e anche lui indagato, il «mujaheddin» (addestrato in Iraq), Aldo ‘Said’ Kobuzi.

Da un paese del Milanese, con il marito, ha raggiunto il Califfato nel settembre 2014 e da lì via Skype avrebbe incitato i suoi familiari a seguire il messaggio del «Abubakr Al Baghdadi». Per lei, come per il leader dell’Isis, il «musulmano che non può raggiungere lo Stato Islamico è chiamato a compiere obbligatoriamente il jihad nel luogo in cui si trova, e il jihad consiste nell’uccidere i miscredenti».

E ancora: «Noi qui – aveva detto – stiamo ammazzando i miscredenti per poter allargare lo Stato Islamico». Nell’inchiesta, poi, sono spuntati i nomi di arruolatori e reclutatori dell’Isis, tra cui il turco Ahmed Abu Alharith «coordinatore dell’arrivo dei foreign fighters in Siria», un libico «coordinatore dell’invio dei combattenti» e Abu Sawarin «responsabile dei ‘francesi’ in arrivo nel territorio dello stato islamico».

Gli investigatori, analizzando i tabulati di un arruolatore, hanno tracciato una mappa «della provenienza degli aspiranti combattenti»: Afghanistan, Algeria, Marocco, Arabia Saudita, Georgia, Libia, Libano, Francia, Oman, Svezia, Iraq, Svizzera e San Marino. L’opera di «convincimento» da parte dei ‘soldati’ dell’Isis sui loro familiari, si legge nelle carte, è inoltre prerogativa di tutti i terroristi in Siria. Tra le persone per cui a Milano è stato chiesto il processo ci sono anche Donika Coku, Baki Coku e Arta Kakabuni, la madre e i due zii di Aldo Kobuzi, e la cittadina canadese Haik Bushra, 30 anni, anche lei latitante, accusata di aver svolto un ruolo decisivo «nell’arruolamento» di Fatima e della «sorella, e due favoreggiatori che non furono arrestati nel luglio scorso.

«Cosa gradita per i fedeli!!! Dio e’ grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell’Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli dalle loro mani». È uno dei messaggi intercettati nel corso delle indagini della Procura di Milano scritto da Maria Giulia Sergio, la ragazza italiana, latitante, che si è convertita all’Islam con il nome di ‘Fatima Az Zahra’ ed è partita per combattere in Siria per l’Isis. Il riferimento è alla strage di Charlie Hebdo avvenuta il 7 gennaio scorso. «Habibty Allahu Akbar sono morti i vignettisti che si burlavano del Messaggero pace e benedizione su di lui… !!! Bisogna fare sujud di ringraziamento», scrive in un altro sms la Sergio.

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