Tangenti, si ripete la solita storia

 Tangenti, si ripete la solita storia

E ci risiamo. Siamo i campioni del mondo in fatto di deplorazione delle ruberie per tangenti eppure siamo nei primi posti tra i paesi sviluppati, superati pare solo dal Messico e dalla Grecia, in fatto di corruzione. E’ certo che anche i politici oggi incriminati si saranno doluti in passato per le nefandezze tangentiste commesse da personaggi delle altre parti politiche. Levate di scudi e promesse di rigore inflessibile verso chi si era comportato con slealtà cadono nel vuoto appena la “buriana” mediatica e giudiziaria passa. La vita riprende come al solito e gli incriminati si riciclano per poi tornare a fare il “mestiere” che sanno fare meglio. E nessuno, ma proprio nessuno tra quelli che contano, quando li vede in giro si scandalizza o gl’impone l’alto là.

A distanza di più di vent’anni “tangentopoli” ritorna agli onori della cronaca perché non era mai stata debellata come qualcuno voleva far credere. “Così fan tutti” è il leitmotiv giustificativo e consolatorio che si ripetono nelle loro conversazioni private gli addetti ai lavori. E’ c’è da credergli sulla parola se la stima delle mazzette che girano ogni anno nel nostro Paese si aggira intorno ai sessanta miliardi di euro. Una bella cifra se raffrontata ai duemila miliardi del debito pubblico italiano. Insomma, l’Italia non è più fondata sul lavoro, come vorrebbe la Costituzione, ma sulla corruzione, sul favore, sulla tangente. E dal copione già visto in passato escono i soliti rimedi legislativi che inaspriscono le pene, danno più poteri stavolta all’Autorità anticorruzione presieduta dal magistrato Raffaele Cantone, ipotizzano l’allontanamento a vita dei politici corrotti con relativo sequestro dei beni indebitamente acquisiti. Tutto giusto. Cose che vanno fatte subito. Ma il problema di fondo resta un altro. O si riesce a far cresce una gioventù che fonda la sua esistenza di vita su quelli che una volta si definivano “valori”, o i “mariuoli” saranno sempre imitati, giustificati, invidiati, alla faccia di tutti i provvedimenti legislativi anti corruzione. Certo, la sub-cultura dell’effimero, del “mordi e fuggi”, di un “giorno da leoni” sembra prendere sempre più piede tra i giovani. La colpa, troppo semplicisticamente ed assolutoriamente, la si fa ricadere sui mass media, su internet, sulle nuove tecnologie. La verità è che lo sbandamento nei costumi, nel modo di essere, che hanno portato questi mezzi importanti nella crescita civile e sociale di un paese, dipende dal fatto che non sono stati gestiti al meglio. Da strumenti di sviluppo culturale e sociale si sono trasformati, certo per colpa nostra, in mezzi dell’esaltazione dell’effimero. Bisogna cambiare rotta. E una scuola rinnovata, ma anche un servizio pubblico radiotelevisivo che non rincorra le televisioni commerciali, può far molto in tal senso.

Sosteneva in un convegno un magistrato del CSM che il garantismo è alla base della democrazia ma i partiti – e non solo loro – a volte l’usano per difendere l’indifendibile. In altri termini il rinnovamento passa per un’immagine limpida, più che specchiata degli uomini che andranno a governare a tutti i livelli, anche a costo di fare delle forzature, in modo particolare nel periodo in cui viviamo. Ma sarebbe ingiusto dare la colpa solo ai partiti per il declino che sta vivendo il nostro Paese. C’è bisogno che un po’ tutte le organizzazioni sociali si diano da fare perché il “cambiamento” avanzi. Puntando soprattutto sulla cultura dei “valori”. In primo luogo mettendo da parte i soggetti chiacchierati, quelli che hanno abusato del proprio ruolo per arricchirsi, per rafforzare la loro posizione di potere. Non è certo cosa facile. E guai a ritenere che basti il cambiamento generazionale per risolvere tutti i problemi. Le divisioni in base all’età anagrafica non servono. Servono invece gruppi dirigenti assortiti che abbiano ben chiari gli obiettivi del loro mandato.

L’augurio è che dalle brutte storie tangentiste di questi giorni ci possa essere una presa di coscienza, non solo della politica ma anche delle forze sociali e di tutta la società civile, per voltare pagina. L’Italia ne ha proprio bisogno.

A cura di Elia Fiorillo

Mario Orlando

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