Cannabis, uso medico va separato da legalizzazione: gli effetti ancora poco noti

 Cannabis, uso medico va separato da legalizzazione: gli effetti ancora poco noti

Il Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco è stato ricevuto oggi alla Camera, in audizione congiunta delle due Commissioni Giustizia e Affari Sociali, in merito all’indagine conoscitiva sulla proposta di legge in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati. “Desidero intervenire innanzitutto con una valutazione di tipo tecnico-scientifico, a nome dell’agenzia competente per la regolamentazione dei farmaci in Italia, rimarcando la necessità di una netta distinzione fra legalizzare l’uso della cannabis e normarne l’impiego a fini terapeutici” ha esordito Melazzini.

“L’uso medico della cannabis e dei suoi componenti ha una storia millenaria condivisa da molte culture del mondo – prosegue il Presidente dell’AIFA – ed è ormai completamente o quasi completamente legale in alcuni Paesi europei, tra cui appunto l’Italia, dove dal 2013 è autorizzato un medicinale a base di cannabis sativa per il trattamento dei sintomi da spasticità grave e moderata in pazienti adulti, dovuta a Sclerosi Multipla (SM). La pianta torna oggi ad essere usata anche per altre patologie ed il suo utilizzo è stato studiato in altre applicazioni mediche, come ad esempio per ipertonie e spasmi della sclerosi multipla, ma anche per malattie del motoneurone e per il glaucoma resistente. Tuttavia non vi sono ancora dati sufficienti sulla sua sicurezza e non esistono al momento informazioni specifiche sulle reazioni avverse dovute all’impiego medico. Conosciamo però gli effetti collaterali più comuni associati all’uso ricreativo della cannabis e ad un suo sovraddosaggio che in alcuni casi comportano conseguenze serie, dalla psicosi a stati depressivi seri.

“In assenza di titolazioni precise dei principi psicoattivi – sottolinea Melazzini – una liberalizzazione potrebbe esporre la popolazione a rischi non valutabili e non tracciabili. Soprattutto sarebbe difficile il controllo delle controindicazioni nelle sotto-popolazioni più esposte, pensiamo agli adolescenti, nei quali si riscontrano gravissime depressioni cliniche conseguenti all’abuso di psicostimolanti che si manifestano in serie sindromi amotivazionali. O ancora negli individui affetti da disturbi cardio-polmonari severi, in cui l’uso di cannabis può scatenare ipertensione, sincope o tachicardia; o pazienti con grave insufficienza epatica per il rischio di sviluppare steatosi e persone con precedenti storie di depressione e disturbi comportamentali.

“Come ente regolatorio a tutela della salute dei pazienti – conclude il Presidente AIFA – riteniamo fondamentale separare l’utilizzo terapeutico dalla liberalizzazione”.

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